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Gli uffici dello Stato ostaggio degli “emeriti”

Gli uffici dello Stato ostaggio degli emeriti

Più di uno aveva detto che sarebbe andato in Africa. A memoria sicuramente vengono in mente i nomi di Romano Prodi e di Walter Veltroni. Molti avevano dichiarato che, lasciato il proprio incarico, si sarebbero ritirati a vita privata, cioè senza più mescolarsi alle piccole e grandi miserie della politica. A memoria sicuramente Enrico Letta, ma anche Matteo Renzi. Invece sono ancora tutti qui, con età anagrafiche diverse, con ruoli diversi, ma sempre presenti. Ma la perennità dei politici non è solo un costume di oggi. Anche la prima Repubblica ha inanellato molti esempi di eterni ritorni. Il più famoso, stigmatizzato da Indro Montanelli, fu Amintore Fanfani: “Rieccolo”. Per restare agli eredi della Dc basterebbe pensare a Ciriaco De Mita, classe 1928, ancora sindaco della sua Nusco (rieletto a 91 anni). O Clemente Mastella, molto più “giovane” dell’antico maestro (classe 1947), ribadito sindaco di Benevento.

Insomma, a volte ritornano. Anzi, provano a tornare sempre. Talvolta sono pure richiamati in servizio come epigoni di Cincinnato, che però alla fine tornava sempre ai suoi campi.

La cattiva abitudine della politica in verità si riverbera un po’ in tutte le Istituzioni del Paese e nella Pubblica Amministrazione, che vanta un’età media (circa 51 anni) di gran lunga più alta di ogni altra Pa europea. Complice il lungo blocco del turn over e le lungaggini dei nuovi concorsi (prima dei lodevoli sforzi del ministro Brunetta) i giovani non entrano nella Pa, come ha documentato un recente sondaggio di Proger Index Research. Tendono a evitarla, non la considerano attrattiva: i giovani vanno dove ci sono i giovani, vale nella vita privata, vale nei luoghi di lavoro.

Dicevamo, le Istituzioni. Un esempio non proprio lodevole è quello che viene offerto da anni dalla Suprema Corte. Dal 1956 si sono susseguiti 44 presidenti della Consulta, senza contare i “facenti funzione”. Negli ultimi anni la media della presidenza è scesa sotto i 12 mesi, con punte minime di due mesi e 26 giorni. Perché? Per assicurare al maggior numero dei componenti della Corte Costituzionale di acquisire gli onori della presidenza viene eletto il membro più anziano, in modo che vada a scadenza al più presto, diventando “emerito”. Il titolo di “emerito” è ricco di vantaggi (ufficio, segreteria, auto) di lunga durata. Più presidenti, più “emeriti”.

Intendiamoci, gli “emeriti” si sprecano anche alla presidenza della Camera dei Deputati o del Senato. Più o meno per gli stessi motivi. Montecitorio ha persino dato vita a una Fondazione per assicurare una presidenza agli ex presidenti. Solo meno di dieci anni fa l’ufficio di presidenza di Montecitorio decise di tagliare i benefit agli ex Presidenti della Camera, che, fino al 2012 potevano contare su uffici, segretari e auto blu a vita. Dal 2013 i benefici agli ex Presidenti della Camera non vengono più erogati per tutta la vita, ma per un periodo di “soli” 10 anni dalla cessazione del loro incarico. Una deroga per Violante, Casini e Bertinotti, che avrebbero dovuto rinunciare ai privilegi da ex presidente rispettivamente nel 2011, 2016 e 2018, sono stati autorizzati a goderne fino al 2023.

Ma la stessa natura dei senatori a vita (tra cui per diritto gli ex presidenti della Repubblica: caso unico nel panorama delle democrazie occidentali) rappresenta una vocazione alla perennità, non tanto delle Istituzioni, quanto dei rappresentanti pro tempore. Un “pro tempore” che sfida il tempo.

In qualche modo è lo stesso vezzo che si ripropone nelle regole del tardo pensionamento dei docenti universitari o dei magistrati, dei notai o di altre funzioni dell’apparato pubblico, non solo istituzionale. Nel loro caso si tratta di lavori “non usuranti” né tantomeno “gravosi”?

L’Italia non è un Paese per giovani, e lo sappiamo. Nel 2020 è stato il Paese europeo con la percentuale più alta di persone con più di 65 anni (il 23,2% del totale della popolazione). Sarebbe inimmaginabile che questo dato demografico non si riverberasse anche nella longevità politica, burocratica e professionale.

Fonte: Libero Economia