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Con il Parlamento in vacanza non ci sono più leggi urgenti

Con il Parlamento in vacanza non ci sono più leggi urgenti

Da questo fine settimana ai cronisti parlamentari si sostituiranno i cronisti delle vacanze. In cerca delle spiagge assolate o dei sentieri di montagna dove i nostri parlamentari andranno a rifugiarsi per il meritato riposo. Ma c’è chi agevola il lavoro dei giornalisti, non facendo molto per farsi cercare, anzi, favorendo la possibilità di essere trovato. Come quell’antipasto di mondanità offerto di Luigi Di Maio nella serata a casa di Marisela Federici, contessa Rivas y Cardona. L’ex gran capo grillino finalmente avrà aperto la sua scatoletta di tonno nella magione della regina dei salotti romani, o si è convertito ormai al caviale?

I lavori parlamentari riprenderanno il 6 settembre per la Camera e il 7 settembre per il Senato: riforma Cartabia, Ddl Zan e decreto green pass i primi appuntamento nell’agenda del rientro. Tutto urgente. Tutto rinviato. Intendiamoci, nessuno nega il diritto alle ferie, anche a coloro che sono chiamati a un servizio (ben pagato) per i loro concittadini. Bisognerebbe solo augurarsi discrezione, garbo e coerenza.

Dopo settimane di dichiarazioni sanguigne e ideologiche sul Ddl Zan – la cui immediata calendarizzazione sembrava una necessità civile, il cui rinvio veniva etichettato come un affronto alla giustizia e ai valori della convivenza sociale – qualcuno dovrebbe spiegare il perché, di fronte alle vacanze, è lecito pensarci un po’ su. Magari camminando sulla battigia.

Le riforme “che l’Europa ci chiede” possono parcheggiarsi all’ombra di qualche voto di fiducia, per il confronto e il dibattito possiamo aspettare la legge di Bilancio, in pieno semestre bianco, con conseguenti assalti alla carrozza e ai suoi forzieri.

Gli esempi all’estero giustificano forse questo procedere lasco: quest’anno il Parlamento europeo ha previsto la sospensione dei lavori dell’Aula per la pausa estiva da metà luglio al 29 agosto. Un mese e mezzo, più o meno come noi. Ma il buon senso avrebbe potuto consigliare una sobrietà maggiore, invece dei 40 giorni di stop, ci si poteva accontentare di quelle tre settimane di pausa che lo scorso anno, sotto la sferza della pandemia, hanno costituito il pacchetto vacanze dei nostri mille parlamentari. Invece che ridurre il numero dei rappresentanti, forse sarebbe stato utile immaginare una riforma costituzionale che ne aumentasse i giorni di lavoro, assicurando un calendario più serrato dei lavori parlamentari, riducendo le ferie a quei 10-15 giorni – non di più – che i comuni mortali (i rappresentati) si accontentano di fare per tirare il fiato dopo un anno più duro del solito.

Le imprese grazie al cielo hanno ripreso a lavorare; non è dato sapere quali attività private si concederanno una pausa come quella dei (nostri e non solo nostri) parlamentari, che peraltro anche nel tempo ordinario non sembrano sepolti dalle fatiche. La presenza alle Camere è ormai ridotta a tre giorni (dal martedì al giovedì sera). Un triduo che ormai, senza più i collegi elettorali da frequentare, ha perso un po’ delle sue ragioni.

Il ristoro dalle fatiche dei nostri parlamentari sarà un’occasione per il Governo dei Migliori per dimostrare il suo valore. Mario Draghi, da buon primo della classe, ha già detto che non farà vacanze e resterà concentrato sulla tabella di marcia per rispettare i tempi di approvazione dei provvedimenti concordati in Europa sul Pnrr. Non tutti i suoi ministri sono sulla stessa lunghezza d’onda. Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, ha dato voce alla parte “meno migliore” del Governo, chiedendo al premier di “stabilire almeno un giorno fisso della settimana per le riunioni di Governo, in modo da organizzare le nostre agende”. Per programmare le ferie, sottinteso. Draghi, secondo uno dei più autorevoli retroscenisti, non ha fatto attendere la sua risposta: “Quando volete. La mia agenda è sempre libera per voi, sono qui a vostra completa disposizione”. C’è chi ricorda a proposito Sergio Marchionne, che raccontando i suoi primi mesi di lavoro alla Fiat, disse: “Nel 2004 perdevamo cinque milioni di euro al giorno, ma quando andai in ufficio in Italia ad agosto non c’era nessuno. Così chiedo: ‘Ma dove sono tutti?’ e mi dicono: ‘In ferie’. ‘Ma in ferie da cosa?’, dico io”.

Fonte: Libero Economia