Go to the top

Non riusciamo più ad agire neanche nelle emergenze

Ci sono studenti che completano lo studio del programma la notte prima dell’esame. E poi prendono trenta, magari con lode. Ci sono sportivi che senza la pressione del “dentro o fuori” non riescono a dare il meglio di sé. Ci sono manager che prendono le decisioni migliori all’ultimo minuto utile. Era un po’ la specialità del nostro Paese. Senza le emergenze non riuscivamo a decidere. È cambiato qualcosa? Forse sì, ma in peggio.

Prendiamo il caso dell’emergenza idrica. Lo scorso anno è stato archiviato con un record di siccità. Problema planetario. Ma in Italia al cambiamento climatico in corso – che produce sempre nuova desertificazione – si aggiunge una storica incapacità di gestione della risorsa idrica. Buttiamo 104mila litri di acqua al secondo, che vuol dire circa 9 miliardi di litri al giorno. Circa il 42% dell’acqua immessa nelle reti idriche viene perduta. Record negativo consolidato da anni in tutto l’Occidente.

Spreconi e cicale fin che si può. Poi, non appena i problemi sono seri, saremo capaci di reagire. Non è stato così. L’emergenza è esplosa. È conclamata. Il cambiamento climatico in corso ci assicura – purtroppo – che potrà andare solo peggio. E noi continuiamo a cicalare. E a non fare nulla. La scorsa estate ci avevano fatto paventare il rischio di doverci abituare a una doccia settimanale, o forse addirittura condominiale. A meno che non avessimo provveduto a tappare i buchi dei nostri acquedotti, e non avessimo imparato a conservare un po’ dell’acqua piovana che scende sempre con maggior parsimonia dal cielo. E le risorse finanziarie per provvedere erano state approntate: dai fondi europei per le politiche di coesione alle risorse del Pnrr.

E infatti era stato predisposto un piano, il cosiddetto “piano laghetti” che progettava la creazione di circa 200 invasi in tutta Italia. Costo previsto 3,2 miliardi. La metà del valore dei danni della siccità in Italia nel corso del 2022. Lavori semplici, poco costosi, di grande risultato potenziale. Peccato che all’inizio del 2023 – e nulla purtroppo fa prevedere che la siccità quest’anno non sia in linea con quella dello scorso anno – solo il 2% dei progetti è in fase di realizzazione.

Emergenza sprecata. Come quella – ed è tutt’altro caso – della mancata realizzazione delle infrastrutture di viabilità tra Veneto e Trentino. Da che mondo è mondo i grandi eventi sportivi servono anche a produrre sforzi eccezionali per colmare gap e ritardi accumulati nel tempo. Cortina ha avuto la capacità di vedersi assegnare nell’arco di cinque anni due manifestazioni al top dello sport invernale: nel 2021 i campionati mondiali di sci, fra tre anni sarà la volta delle Olimpiadi. Ma oltre agli impianti sportivi nient’altro si è riusciti a fare due anni fa e nulla si riuscirà a fare per il 2026. Una sconfitta cocente. Non basta più nemmeno l’emergenza per recuperare il tempo perduto. E nemmeno le strutture commissariali riescono a smuovere prassi e procedure che – tanto per dire – richiedono tre anni per avere una Valutazione di impatto ambientale.

Rieccoci a parlare di semplificazioni. Come ogni Governo della recente storia repubblicana anche il Dicastero Meloni ripropone le intenzioni migliori e scivola nelle prassi peggiori. Cento giorni sono pochi, certo. Nessuna intenzione di gettare la croce addosso a chi è appena sbarcato a Palazzo Chigi. Ma piuttosto che avventurarsi in campagne di bandiera – dal presidenzialismo all’autonomia regionale – non sarebbe meglio occuparsi della possibile normalità? Gli italiani hanno bisogno di vivere e lavorare; magari farsi una doccia senza patema d’animo e spostarsi in auto in provincia di Belluno senza percorsi tortuosi e senza preventivare ore di coda.

Giusto per ricordarci: tra due anni c’è l’Anno santo. Un’altra occasione da sprecare, per Roma e non solo.

Fonte: Libero Economia