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Il Pnrr si gioca tutto (o quasi) sulle gare. Il commento di Mastrapasqua

Efficacia ed efficienza hanno bisogno di riportare al centro alcune funzioni dell’amministrazione pubblica, senza contraddire i modelli di autonomia funzionale, senza indulgere in un centralismo arrogante e autistico. Il commento di Antonio Mastrapasqua

Negli ultimi sette mesi sono andate deserte 517 gare connesse ad appalti pubblici derivanti dalle risorse del Pnrr. In altri 61 casi le gare non hanno avuto esito. Senza rinfocolare la polemica sulla capacità di mettere a terra i progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, questi numeri certificano che il sistema degli appalti pubblici in Italia ha qualche problema. Il nuovo Codice forse aiuterà a risolverli. Di certo una questione è evidente: la parcellizzazione della capacità di spesa è una devianza che fa male alla Pubblica Amministrazione e alle imprese.

Abbiamo vissuto per decenni il verbo del decentramento – quando la vulgata era guidata dal Pci, con l’obiettivo di controllare i territori, le periferie, visto che il centro della Prima Repubblica era saldamente nelle mani della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati – poi è subentrata la cultura politica dell’autonomia: a proporla, a parti invertite, erano le forze del centro-destra (in testa la Lega). In entrambe le varianti – decentramento e autonomia – si è frainteso un obiettivo più che legittimo (avvicinare l’orecchio dei Palazzi alle comunità locali e alle loro caratteristiche, diverse e disomogenee) con un metodo inopportuno: delocalizzare e frantumare le decisioni della spesa pubblica.

Quando, da presidente Inps, ebbi l’occasione di promuovere la creazione di una precoce (e persino prematura, rispetto alle sensibilità vigenti all’epoca) Centrale unica degli acquisti mi trovai molti nemici. L’Istituto è un ente nazionale, con fortissime articolazioni territoriali, cioè con piccoli e grandi luoghi di resistenza del potere. Cedere le prerogative al centro, per ottimizzare le risorse, fu percepito (non a torto) come una restituzione di deleghe di spesa. Nella gestione del patrimonio immobiliare e in quella dei contratti di servizio volle dire sottrarre potere al territorio, in cambio di una trasparenza assoluta e di un risparmio evidente. L’ascolto e la decisione non sono fatti immediatamente conseguenti.

L’uno e l’altra hanno tempi e obiettivi distinti. Lo spreco si annida sempre nella parcellizzazione. E a volte si tocca con mano l’incapacità di spendere. In queste settimane anche a Roma si è toccata con mano la contraddizione: l’affidamento delle risorse per lo sfalcio del verde ai Municipi ha finito per rendere impossibile la spesa, con la sempre meno considerata insoddisfazione dei cittadini. Piccoli e grandi casi di inefficienza che non può essere caricata sulle spalle della burocrazia. I burocrati sono innocenti in questo caso. Le scelte scellerate sono della politica, che pensa di amministrare con l’ideologia, o più semplicemente con gli strumenti del consenso. La polverizzazione dei progetti del Pnrr può sembrare uno strumento equo e redistributivo, ma invece nasconde una incapacità di scelta e di programmazione.

Troppe stazioni appaltanti, troppi centri di spesa, troppa poca preparazione e competenza per organizzare e gestire una gara. Un problema serio per il Paese, visto che il 75% dei 191 miliardi (e rotti) del Pnrr è indirizzato a contratti pubblici. L’analiticità dell’ascolto – e qui decentramento o autonomia sono essenziali – non può rinunciare alla sintesi politica e all’ottimizzazione finanziaria. Le centrali di acquisto nella Pubblica Amministrazione sono essenziali tanto quanto in qualunque soggetto che spende: tanto più se la spesa (e la spesa pubblica in particolare) è motore di sviluppo e di crescita economica e sociale.

Efficacia ed efficienza hanno bisogno di riportare al centro alcune funzioni dell’amministrazione pubblica, senza contraddire i modelli di autonomia funzionale, senza indulgere in un centralismo arrogante e autistico. Il pendolo tra centro e periferia deve inseguire il bisogno dei cittadini e l’efficienza dell’amministrazione, non la gestione del potere dei Palazzi più o meno decentrati.

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